Rinuncia alla proprietà: Tutto quello che devi sapere

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rinuncia alla proprietà

Molti sono gli interrogativi ed i dubbi che riguardano quel difficile argomento che ha a che fare con la cosiddetta rinuncia alla proprietà e ai diritti di tale godimento – in genere relativo ad un immobile, ad un terreno, ad un fondo rustico scomodo e costoso o ad un qualsiasi altro bene ereditato – ed alle modalità e agli effetti di tali atti rinunziatari; in particolare, quando ci si accinge a voler compiere questo tipo di azione, ciò che si teme maggiormente è di non riuscire, giuridicamente, ad ottenere la possibilità reale di rinuncia al bene, e che dunque questa pratica non venga consentita, per motivi di varia natura.

Ma andiamo ad analizzare nel dettaglio quando è possibile ottenere tale rinuncia e quali sono i passi da compiere per attuare il tutto.

Come rinunciare alla proprietà di un immobile

Come rinunciare alla proprietà di un immobile

Diversi sono i motivi per i quali, spesso, risulta più comodo e sbrigativo disfarsi di un bene di proprietà – talvolta ereditato – piuttosto che continuare a mantenerlo, e tra questi vi sono, senza dubbio, le spese di gestione, le ingenti tasse e tutte quelle responsabilità che, inevitabilmente, un immobile, un fondo o un terreno comportano.

Per effettuare la rinuncia alla proprietà e ai diritti di tale godimento, riguardante un qualsiasi bene ereditato, esiste dunque un iter ben preciso da seguire e da rispettare. Innanzitutto è bene sottolineare che esistono due tipi di soluzioni previste dalla legge, per la rinunzia al diritto di proprietà, le quali differiscono per la natura e la tipologia della rinuncia: differenti sono, infatti, le modalità con le quali disfarsi di un bene nel caso in cui si tratti di una comproprietà o di un’unica proprietà.

Nel caso in cui il proprietario del bene sia uno solo, l’integrale proprietà del bene passa allo Stato, secondo il codice civile; quando si ha a che fare con una comproprietà, invece, ciò che accade è che la rinuncia della propria quota di proprietà va ad arricchire quella degli altri membri proprietari, incrementando il valore della loro quota.

Vi sono due tipi di rinuncia che riguardano quest’ultima: la rinuncia abdicata, nella quale il rinunciatario non è tenuto a sopportare le spese dell’immobile successive alla cessione della sua quota, ma solo quelle precedenti alla sua rinuncia; e la rinuncia liberatoria, la quale invece, consente di evitare tutte le spese derivanti dall’immobile, non solo quelle future ma anche quelle passate.

La rinuncia viene effettuata, in entrambi i casi, in presenza di un notaio, e consiste in una donazione – allo Stato, o a favore di altri comproprietari – del bene di cui si intende liberarsi, con un’aliquota sulla cessione a favore dello Stato dell’8%.

Possibili difficoltà riscontrabili

Secondo una nota redatta dall’Avvocatura Generale dello Stato, con il protocollo n. 137950 del 14 marzo 2018, la possibilità per un privato di rinunciare con un atto unilaterale stilato grazie ad un’opera notarile, può non rivelarsi così semplice come appare, e talvolta trasformarsi in una negazione dello stesso nel caso in cui il bene di cui si intenda disfarsi sia un pretesto – a sfavore delle finanze dello Stato – per liberarsi dei costi di manutenzione e di demolizione di questi.

Casi specifici possono essere, ad esempio, quelli in cui un immobile o un terreno siano in gravi condizioni di rischio di dissesto idrologico, o inagibili e fatiscenti, i quali richiederebbero costi di ristrutturazione, demolizione o manutenzione molto alti.

In queste condizioni specifiche, infatti, la rinuncia abdicativa al diritto di proprietà, nonostante legittima, non viene accettata dall’Avvocatura, in quanto trattasi di addossamento di ingenti costi di consolidamento, a totali spese dello Stato.

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