Tra i primi annunci da ministro dell’Ambiente del nuovo governo c’era l’intenzione di bandire l’utilizzo delle confezioni di plastica negli edifici pubblici. Un divieto al quale Sergio Costa ha intenzione di aggiungere una serie di misure contro la plastica monouso non solo dentro i palazzi delle istituzioni ma con norme generali di legge, per prevenire e ridurre il loro impatto sulla salute umana e sugli ecosistemi.
Dopo i sacchetti si dirà addio anche a piatti, posate e cannucce. Si punta infatti a vietare la commercializzazione di una serie di specifici manufatti, a promuovere il vuoto a rendere, una stretta sui contenitori per cibi e bevande usa e getta e a interventi sul mondo della pesca.
Intervenendo dalla sede galleggiante dell’associazione Marevivo, Costa ha spiegato che una delle primissime leggi che intende incardinare è quella “sul mare e la plastica, prima che ci obblighi l’Unione europea”.
Proprio da Marevivo era arrivata una richiesta simile, con la proposta sottoposta al nuovo governo di rendere effettivi in Italia i contenuti a cui si ispira la proposta di direttiva della Commissione europea presentata a fine maggio.
Nella proposta europea c’è l’intenzione di vietare del tutto i prodotti per i quali esistono alternative in altri materiali: piatti e posate prima di tutto, cannucce, mescolatori per bevande, aste da attaccare a sostegno dei palloncini.
Altri prodotti, come assorbenti, salviette inumidite e palloncini stessi dovranno essere immessi sul mercato solo se riportano in etichetta le modalità corrette di smaltimento, la loro incidenza negativa in caso di abbandono nell’ambiente e l’avvertimento del contenuto di plastica.
Molti colossi economici si sono alleati contro l’abuso di plastica. Una trentina di multinazionali del settore petrolchimico hanno deciso di combattere la sporcizia prodotta dai rifiuti di plastica, e soprattutto quella che arriva agli oceani galleggiando sui 10 grandi fiumi del mondo.
L’intesa si chiama Alliance to end plastic waste o Aepw, cioè alleanza per mettere fine ai rifiuti di plastica, ed è formata in gran numero proprio dalle aziende più evolute e innovative fra i produttori della stessa plastica. Il settore petrolchimico ha deciso di muoversi in modo coordinato, e tra le aziende che aderiscono all’iniziativa c’è anche l’italiana Eni.
I ricercatori stimano che dai primi anni ‘50 a oggi più di 8.3 miliardi di tonnellate di plastica siano stati prodotti, e circa il 60% è finito in discarica, riversato nell’ambiente o bruciato illegalmente.
Il vero problema, oltre alla cattiva gestione dei rifiuti, è che molti degli attuali usi della plastica non sono realmente necessari, specialmente nei prodotti monouso.
Negli ultimi anni sono stati perfezionati i metodi di lavorazione dei polimeri naturali come lignina, cellulosa, pectina e chitina, che a differenza dei polimeri sintetici o semisintetici, si biodegradano molto rapidamente.
Oggi, assieme ai ben noti cotone e lino, troviamo prodotti a base di bamboo, coir (fibra grezza estratta dal guscio esterno delle noci di cocco), sisal (ottenuta dal tessuto connettivo dell’Agave) o piña, ricavata dagli scarti della lavorazione degli ananas.
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