
Quando un condòmino si definisce moroso?(www.casalive.it)
La gestione della morosità condominiale rappresenta da sempre una delle sfide più delicate per amministratori e condomini.
In particolare, la questione se sia possibile o meno affiggere un avviso con il nominativo del condomino moroso ha suscitato recentemente un acceso dibattito giuridico, culminato in importanti pronunce della Corte Suprema di Cassazione.Un condòmino è considerato moroso quando non versa le quote condominiali, ossia le somme dovute per la manutenzione e il godimento delle parti comuni dell’edificio. La normativa vigente, in particolare l’art. 1123 del codice civile, stabilisce che tutti i condòmini devono contribuire alle spese condominiali in proporzione ai millesimi di proprietà. Tali spese includono, ad esempio, i costi per l’illuminazione delle scale, la manutenzione dell’ascensore, il riscaldamento centralizzato e la pulizia delle aree comuni.
Gli strumenti a disposizione dell’amministratore contro la morosità
In caso di inadempimento, l’amministratore ha l’obbligo di agire tempestivamente per recuperare le somme dovute. La legge (art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile) permette di ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo senza bisogno di autorizzazioni assembleari, strumento che consente l’avvio di procedure esecutive come il pignoramento dei beni o del conto corrente del condomino moroso.
Nel caso in cui la morosità si protragga per almeno sei mesi, l’amministratore può anche sospendere al condomino moroso la fruizione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato, come il riscaldamento o l’acqua calda, sebbene la giurisprudenza sia divisa sull’entità di tali sospensioni rispetto ai servizi essenziali.
La privacy e la divulgazione dei nominativi dei condomini morosi
Secondo la normativa vigente e la prassi consolidata, l’amministratore è tenuto a fornire ai creditori e agli altri condomini i dati relativi ai condomini morosi, affinché si possa procedere prioritariamente nei loro confronti prima di agire contro gli altri condomini in regola con i pagamenti. Questa comunicazione è legittima perché i condòmini hanno interesse legittimo a conoscere la situazione patrimoniale della compagine e i creditori hanno bisogno di sapere chi sono i debitori per esercitare le azioni di recupero.
Tuttavia, la diffusione pubblica di tali dati, come l’affissione del nominativo del moroso in bacheca condominiale o in spazi comuni accessibili a terzi, è stata recentemente dichiarata illegittima dalla Corte di Cassazione con ordinanza del 7 ottobre 2022. La Suprema Corte ha chiarito che tale pratica configura una violazione della privacy, in quanto gli spazi comuni sono accessibili anche a persone estranee al condominio e l’indicazione del debito personale costituisce una indebita diffusione di dati personali.
Il risultato è che il condominio può essere condannato al risarcimento dei danni per la pubblicazione non autorizzata dei nominativi dei morosi. La comunicazione dei dati deve quindi avvenire in forma riservata, ad esempio durante le assemblee o tramite comunicazioni private tra amministratore e condomini o creditori.

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L’amministratore ha precise responsabilità: se non agisce per recuperare crediti entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui sono esigibili le somme, può essere revocato dall’incarico e chiamato a rispondere per danni subiti dal condominio a causa della sua negligenza.
Inoltre, alcuni regolamenti condominiali prevedono sanzioni pecuniarie per i ritardi nei pagamenti, calcolate come una percentuale mensile sul debito, purché tali clausole non contravvengano alle norme inderogabili e siano approvate dall’assemblea.
La giurisprudenza e la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, massima autorità in materia giuridica, svolge un ruolo fondamentale nell’uniformare l’interpretazione delle norme sul tema della morosità condominiale e della tutela della privacy. Le sue sentenze costituiscono un punto di riferimento vincolante per i giudici di grado inferiore e per gli amministratori.
Recentemente, la Corte ha ribadito il principio della responsabilità pro quota dei condòmini (sentenza n. 9148/2008), secondo il quale le spese condominiali devono essere ripartite in proporzione ai millesimi di proprietà, escludendo la solidarietà passiva tra condomini. Ciò significa che i debiti dei morosi vengono divisi tra tutti i condomini, ma nessun condomino può essere obbligato a pagare per intero la quota di un altro.