
Bonifici tra parenti: la recente sentenza - (casalive.it)
Una recentissima sentenza cambia le regole riguardanti i bonifici tra parenti. Ecco cosa sapere per non avere problemi
I trasferimenti di denaro tra familiari attraverso bonifici bancari sono un fenomeno molto comune. Tuttavia, possono attirare l’attenzione del Fisco, soprattutto se non adeguatamente giustificati. Nel 2025, una nuova sentenza della Corte tributaria regionale della Puglia ha introdotto importanti chiarimenti su come vanno interpretati questi movimenti di denaro ai fini fiscali.
Ricevere un bonifico da un parente non comporta automaticamente problemi fiscali, ma è fondamentale saperlo giustificare. La recente sentenza della Corte tributaria regionale della Puglia rappresenta un precedente importante che sottolinea il valore della prova documentale nel rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria. Per evitare brutte sorprese, è consigliabile tenere traccia di ogni movimento di denaro e, in caso di dubbi, consultare un esperto in materia fiscale.
Il principio stabilito dalla sentenza
Il caso è nato da un accertamento condotto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente, socio unico di una società, che aveva ricevuto cinque bonifici da parte di suoi familiari, tra cui la madre pensionata e la sorella, dipendente pubblica. L’Agenzia aveva considerato questi trasferimenti come “redditi non dichiarati”, emettendo due avvisi di accertamento per recuperare le presunte imposte evase.

In un primo momento, la Commissione Tributaria di Bari aveva dato ragione al Fisco. Tuttavia, in secondo grado, la Corte tributaria regionale della Puglia ha ribaltato la decisione. Con la sentenza n. 2760 del 26 febbraio 2025, i giudici hanno riconosciuto che i bonifici ricevuti dal contribuente non rappresentavano un incremento patrimoniale ingiustificato, bensì erano semplici atti di liberalità tra parenti.
Secondo quanto stabilito dalla Corte, il Fisco può, in linea generale, presumere che i versamenti sui conti correnti siano frutto di redditi non dichiarati. Tuttavia, questa è solo una presunzione e può essere superata presentando prove concrete sulla reale natura delle somme ricevute.
Nel caso analizzato, il contribuente è riuscito a dimostrare che il denaro proveniva da conti bancari intestati a suoi familiari, i cui redditi erano già tassati alla fonte, come stipendi da dipendenti pubblici o pensioni. Inoltre, è emerso che i versamenti erano stati effettuati a sostegno del familiare nell’avvio di una nuova attività imprenditoriale, dunque rientravano tra gli aiuti tipici all’interno della famiglia e non rappresentavano redditi imponibili.
La sentenza evidenzia quanto sia fondamentale, in caso di controlli fiscali, fornire adeguate giustificazioni documentali sui movimenti bancari. In particolare, è utile conservare:
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Copie dei bonifici con la causale specificata;
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Dichiarazioni scritte dei familiari che attestino la natura del trasferimento come aiuto gratuito;
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Documentazione che dimostri la disponibilità dei familiari a effettuare tali versamenti (come CUD o estratti conto).
Tutte queste prove possono permettere di smontare la presunzione del Fisco e dimostrare che i fondi ricevuti non sono riconducibili ad attività non dichiarate.
Questo pronunciamento offre una maggiore tutela ai contribuenti, ma allo stesso tempo impone un comportamento prudente. I trasferimenti tra privati, anche se avvengono tra parenti stretti, devono essere gestiti con attenzione, per evitare che possano essere fraintesi dall’Agenzia delle Entrate come possibili tentativi di occultare redditi.
Vale la pena ricordare che i controlli sui conti correnti sono destinati a intensificarsi nei prossimi anni, anche grazie all’aumento degli strumenti tecnologici a disposizione del Fisco. Per questo motivo, la trasparenza e una corretta documentazione delle operazioni finanziarie diventano sempre più indispensabili.