
Arriva la rottamazione delle cartelle, con questo documento - casalive.it
La norma approvata dalla Camera chiarisce definitivamente che l’estinzione del giudizio scatta con la prova del primo versamento e non serve più saldare l’intero debito.
Il disegno di legge di conversione del decreto Fiscale 2025, approvato ieri dalla Camera dei Deputati, risolve un nodo giuridico rimasto per anni oggetto di interpretazioni contrastanti. Da oggi, per ottenere l’estinzione di un contenzioso pendente riguardante debiti inclusi in una rottamazione delle cartelle, è sufficiente presentare la documentazione dell’adesione e dimostrare il pagamento della prima rata. Non è più necessario completare tutto il piano di dilazione. La misura è contenuta in un emendamento all’art. 12-bis che interviene in modo diretto sull’art. 1, comma 236 della legge n. 197/2022, superando di fatto il conflitto tra la giurisprudenza e la posizione dell’Agenzia delle Entrate.
Cosa prevede la norma di interpretazione autentica
La nuova disposizione ha valore retroattivo e si configura come norma di interpretazione autentica, mettendo ordine in una materia che ha creato numerosi dubbi a giudici, contribuenti e difensori tributari. In base al nuovo testo, per i giudizi aventi a oggetto debiti inclusi nella rottamazione, il perfezionamento della definizione agevolata si realizza al momento del versamento della prima o unica rata. La legge chiarisce che in questi casi il giudice può dichiarare d’ufficio l’estinzione del processo, senza attendere il pagamento integrale del debito.

Per ottenere la chiusura del giudizio, sarà sufficiente presentare in tribunale tre documenti: la dichiarazione di adesione alla rottamazione (comma 235), la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate Riscossione con gli importi dovuti e le scadenze (comma 241), e la ricevuta del pagamento della prima rata. Il deposito potrà essere fatto dal contribuente, dall’Agenzia stessa, o dall’ente impositore, se parte in causa.
Dal momento della dichiarazione di estinzione, tutte le eventuali sentenze e ordinanze non ancora passate in giudicato perdono efficacia, anche se già emesse. Inoltre, le somme versate in corso di causa o a qualsiasi titolo restano definitivamente nelle casse dello Stato, senza possibilità di rimborso.
Fine delle ambiguità: cosa cambia per i giudizi pendenti
In passato, la giurisprudenza non era univoca. Alcune sentenze, come quella della Ctr Sicilia del 27 luglio 2021, avevano stabilito che per dichiarare l’estinzione del contenzioso fosse necessario il versamento integrale dell’importo dovuto. Altre, più recenti, come l’ordinanza n. 24428/2025, hanno invece ritenuto sufficiente la sola prova della domanda di rottamazione e del pagamento parziale per chiudere il giudizio.
La nuova norma mette fine a questa incertezza. La Camera ha scelto una linea netta: non serve più completare i pagamenti per ottenere la cessazione del contenzioso, purché ci sia una prova tangibile del primo versamento. Questo rende più veloce la chiusura di migliaia di processi tributari pendenti, consentendo a contribuenti e giudici di non restare ostaggio dei tempi lunghi dei piani rateali.
Non si tratta solo di un’agevolazione procedurale: la norma ha anche effetti economici importanti. Chi ha versato importi, anche parziali, non potrà più reclamarli. Le somme già pagate, anche in pendenza di giudizio, non sono rimborsabili, qualunque sia stato l’esito processuale. Un principio che chiude ogni spiraglio a contenziosi futuri sul fronte dei rimborsi.