
Quando è consentito l'uso dei bagni nei locali - casalive.it
Bagni nei locali solo per clienti: per accedere bisogna effettuare una consumazione, lo stabilisce la sentenza del tribunale.
L’uso del bagno nei locali pubblici, come bar, ristoranti e pizzerie, è regolamentato da precise normative che ne disciplinano l’accesso e l’obbligo di fornitura. La questione, spesso fonte di dubbi e discussioni tra esercenti e clienti, è stata chiarita definitivamente da una sentenza del TAR Toscana e da successive disposizioni legislative, con importanti implicazioni per i gestori dei pubblici esercizi e per i consumatori.
Obblighi e limitazioni sull’uso dei servizi igienici nei pubblici esercizi
Secondo la normativa vigente, gli esercizi commerciali con attività di somministrazione di alimenti e bevande che prevedono la consumazione sul posto devono obbligatoriamente garantire ai propri clienti la disponibilità di servizi igienici distinti per sesso: almeno un bagno per uomini e uno per donne. Inoltre, è previsto l’obbligo di un bagno accessibile ai disabili, che può essere integrato in uno degli ambienti già presenti.
Al contrario, per locali come pizzerie d’asporto o gelaterie dove la consumazione è immediata o esclusivamente da asporto, non sussiste l’obbligo di fornire servizi igienici, salvo che vi sia anche un servizio ai tavoli, poiché si presume che i clienti non sostino a lungo all’interno del locale.
Un punto fondamentale riguarda l’utilizzo stesso del bagno: l’accesso ai servizi igienici è riservato esclusivamente alla clientela che effettua una consumazione, e non può essere concesso gratuitamente a chi non abbia acquistato alcun prodotto. Questa regola, spesso percepita come una semplice questione di buona educazione, è in realtà un obbligo normato.

La sentenza n. 691 del 18 febbraio 2010 del TAR Toscana ha chiarito senza ambiguità che un locale commerciale non è un bagno pubblico, e garantire l’uso gratuito dei servizi igienici a chiunque comporterebbe un “eccessivo onere economico” per l’esercente, configurando una limitazione ingiustificata della libertà di iniziativa economica tutelata dall’articolo 41 della Costituzione.
Al contempo, la sentenza sottolinea che il bagno deve essere garantito a chi si sia identificato come cliente, cioè a chi abbia consumato nel locale. Questa posizione trova conferma anche nel Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, all’articolo 187, che stabilisce: “Il gestore di un pubblico esercizio non può rifiutarsi di mettere la sua toilette a disposizione di un cliente pagante senza giustificato motivo”.
Differenze a livello locale: esempi da Parma, Bergamo e Venezia
A livello comunale, le disposizioni possono variare, integrando o modificando quanto previsto dalla normativa nazionale. A Parma, ad esempio, il regolamento comunale per la convivenza tra funzioni residenziali e attività pubbliche (delibera consiliare n. 16 del 19 febbraio 2013) impone ai gestori dei pubblici esercizi di assicurare “la piena ed effettiva fruibilità ed efficienza dei servizi igienici interni ai locali”, consentendone l’uso gratuito al pubblico.
In modo simile, il Comune di Bergamo prevede l’obbligo per i titolari di pubblici esercizi, compresi quelli di somministrazione con asporto, di garantire la piena efficienza e fruibilità dei servizi igienici, sempre con l’accesso gratuito per il pubblico.
Diversamente, a Venezia, il regolamento comunale stabilisce che “tutti gli esercizi pubblici devono avere almeno un servizio igienico destinato alla clientela”, sottolineando quindi che l’uso è riservato esclusivamente a chi consuma e paga. Questa differenza evidenzia come la gestione dei servizi igienici possa essere interpretata in modo più restrittivo in alcune realtà, mantenendo il principio base che il bagno è un servizio dedicato ai clienti.